Manifesto Patient Wolves (Novembre 2020)

 




Lo spirito del tempo ci suggerisce di unirci per ribadire ovvietà forse sempre meno ovvie.

Il senso primario del mammifero homo sapiens è la vista. Prova a rappresentare ciò che osserva in se stesso, nei simili e nel reale fin dal paleolitico. Un bisogno comunicativo pressante che osserviamo declinarsi in varie forme. Una di queste forme, negli ultimi due secoli, è stata la fotografia. La fotografia è semplicemente una forma di linguaggio capace di pervasione universale.

Un linguaggio ricevibile da chiunque ma recentemente anche producibile da chiunque.

Noi ci avvaliamo di questo linguaggio, ne produciamo e ce ne nutriamo.

Apprezziamo e veniamo arricchiti dal fatto che molti altri ne producano e se ne nutrano.

Comunichiamo attraverso di esso e ciò che desideriamo è poter continuare a farlo.

La fotografia nasce da un incontro.

L’incontro di due o più persone, ma anche l’incontro tra una persona e un ambiente o un oggetto.

Tale incontro, per noi, deve essere scevro da meccanismi coercitivi o da condizionamenti esterni.

Tale incontro può solo essere basato sul consenso e sul desiderio di comunicare.

Comunicare in forma libera ciò che stiamo vivendo. Documentare il nostro incontro.

Nessuno può essere obbligato alla produzione o alla fruizione dei risultati prodotti.

Al tempo stesso le persone hanno il diritto, in ambito consensuale, di incontrarsi e produrre liberamente. Ed è vitale che i risultati prodotti vengano sollevati dal peso del giudizio.

Parliamo di un tipo particolare di giudizio, quello che ci vorrebbe tutti allineati ad una morale universale. Il mono-pensiero.

Patient Wolves rifugge dal mono-pensiero, dal dogma, dalle verità rivelate, qualsivoglia.

Per noi l’intento dell’autore è inviolabile ed il rapporto con gli interlocutori è paritetico.

Per noi il soggetto è libero di comunicare, nell'accezione più ampia del termine.

L’autore parla di se stesso attraverso il soggetto ed il soggetto parla di se stesso attraverso l’autore.

Insieme parlano dell’incontro umano. Un evento che avviene in un tempo e in uno spazio sospesi.

Un evento che ci affascina e ci solleva dal fluire quotidiano. Un evento che ci rende vivi.

Il nostro vuole essere un atto culturale.

Una risposta al contemporaneo oscurantismo che si infrange su tutti noi con onde sempre più minacciose.

Ci hanno dotato di social che oramai fungono da estensione delle nostre capacità comunicative.

Ma li hanno man mano ricondotti ad una norma morale che rigettiamo.

Le dignità delle persone è slegata dal modo in cui vogliono rappresentar se stesse.

Taluni sembrano voler ribadire che no, si è degni e dignitosi solo se si è come si deve essere. Salvo poi essere loro a definire come si deve essere. Lo impongono sotto la minaccia di una moderna scomunica.

Abbiamo due possibili risposte:

Piegarci timorosi delle conseguenze del benpensatesimo imperante, tutelandoci, forse.

Sbattezzarci, rendendo ciò che è un tabù il nostro linguaggio naturale.

Scegliamo di auto-scomunicarci, di reagire all'oscurantismo, di rispedire al mittente questo nuovo medioevo imbellettato. Scegliamo di essere liberi di comunicare e di incontrare persone che, come noi, desiderano continuare questo dialogo senza sottomettersi passivamente al mono-pensiero.

C’è una profonda differenza tra il lasciar libera una persona di fare o non fare qualcosa, guidata dal proprio giudizio critico e imporre alla stessa persona cosa è giusto e cos'è sbagliato secondo un dogma.

La morale non è universale, dipende dalla cultura, dal momento storico, dal luogo in cui si nasce e vive.

Imporre una morale sedicente universale è semplicemente un atto coercitivo. Una violenza.

Il senso primario del mammifero canis lupus è l’olfatto. Vede col naso ancor meglio che con la vista.

Sembra non provi a rappresentare la realtà che lo costituisce e lo circonda ma la vive scevro da morali.

Ha sviluppato un linguaggio con il quale comunica all'interno del branco minimizzando gli scontri intra specie. Ed ha una estrema pazienza. Al contrario di quanto comunemente si creda la struttura

gerarchica dei lupi è di tipo matriarcale. La femmina che si riproduce, in funzione della gestazione dei cuccioli, definisce indirettamente le attività del branco. Il maschio gli è sinergico. Il posto più sicuro dove può stare un cucciolo nato da poco è in bocca alla madre, da cui il detto “in bocca al lupo”.

La morale che rigettiamo ha da sempre identificato il male nel lupo.

Forse proprio perché una paziente e sinergica struttura matriarcale è ciò che più gli si contrappone.

A noi, sinergia, pazienza e comunicazione, sono doti che piacciono moltissimo ed è per questo che amiamo così profondamente questa metafora.

Se ti ritrovi in quanto sopra potresti essere anche tu un* lupo paziente.

l u n d e s n o m b r e u x

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