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Visualizzazione dei post da 2021

La fotografia non esiste (Editoriale Patient Wolves TRES, Settembre 2021)

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Editoriale Patient Wolves Tres Immaginate un meriggio di maggio. Entrate in Triennale a Milano, salite al piano di sopra percorrendo la lunga scalinata, entrate in sala conferenze. Vi accomodate sulla sedia, vi guardate attorno: visi, sorrisi, qualche macchina fotografica al collo, zainetti ai piedi della sedia, qualche chioma blu che spicca. Cominciamo. Nella sua, relativamente recente, lectio magistralis Efrem Raimondi, sostiene che la fotografia non esiste. Cito: “La fotografia è subordinata alla percezione che - poi - l’autore [...] traduce in immagini. In questo senso la fotografia non esiste, perché privata della presenza dell’autore non ha alcuna esistenza, non esiste”. Appunto. Questa, che lui stesso definisce, con l’eleganza che lo contraddistingue, una opinione, è preceduta da un’altra affermazione. Cito: “La fotografia è un contenuto che, in qualche modo, non può essere estraneo alla forma”.  E. ci mostra i due lati della medaglia. La forma, per nulla avulsa dal contenuto, e

l'algoritmo del consenso

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  Per un momento ho pensato di intitolare questo articolo ‘la panacea’ del consenso, ma subito, l’ambiguità potenziale del termine panacea mi ha fatto desistere. Così ripiego su un più neutro e contemporaneo ‘algoritmo’ del consenso. Del consenso ho già trattato nel precedente articolo del diritto autoriale e della ricerca ma desidero sottoporre nuovamente alla vostra attenzione il nocciolo del tema per poi navigare, tutt’altro che a vista, verso altri lidi nella speranza di poterci rilassare, un giorno, cullati dal dolce ondeggio della fonda, fieri delle miglia nautiche percorse. L’algoritmo del consenso l’ho sempre considerato tutto sommato semplice da apprendere e da applicare. Vuoto per pieno afferma ciò che segue (prendere fiato perché il periodo è lungo): a discapito di qualsivoglia convenzione e/o romanticismo di sorta, in una qualunque iniziale relazione umana è bene chiedere ed ottenere il consenso prima di procedere in qualunque direzione di modo da essere ragionevolmente si

Cattivi Maestri

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Quando penso alle figure educative, anche a quelle brutte e cattive, il pensiero è sempre accompagnato da una nota di malinconia. Sarà per i miei conflitti irrisolti col passato o sarà il tempo ad applicare le sue tinte edulcorate, chi può dirlo, sta di fatto però, che c’è della mancanza. Probabilmente, volendo essere onesti, è solo la mancanza verso chi o cosa eravamo all’epoca. Tant’è. Ma qui, ora, parliamo di Fotografia ed in questo ambito è bene, sì, essere onesti. Il primo assioma di euclidiana memoria dei cattivi maestri è il seguente: Tutto (o quasi) è già stato fatto. Vi prego non lasciatevi ingannare da quel ‘quasi’, è un gran farabutto. Dobbiamo, con un po’ di umiltà, ammettere serenamente che siamo influenzati da chi è venuto prima di noi e dai nostri contemporanei. Siamo immersi nella fotografia forse più che nel reale ed è impossibile sfuggire alla contaminazione reciproca. Vi dirò di più, non solo è impossibile, ma è anche vitale venir contaminati costantemente.  Un po’ c

Grigio

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Una piccola nota introduttiva. Ho scritto questo post su intagram in tre parti (qui radunate) qualche settimana prima che Grigio morisse. Più che del nostro rapporto (mio e di questo lupoide che mi ha accompagnato per dieci anni) volevo parlare di dinamiche di potere. Un tema così poco trattato nella nostra società. Un tema spesso strumentalizzato per polarizzare gli ideali. Invece, a mio avviso, è importante trattarlo al fine di migliorare la qualità di vita di molti, differenti, soggetti senzienti. Buona lettura - Lui è Grigio, per gli amici gigi o anche upo. Grigio è un lupoide ibridato che arriva da un branco dell'altopiano delle murge. Molte persone che hanno scattato con me l'hanno conosciuto. Hanno conosciuto un bel lupone aitante e indomabile e spesso se ne sono innamorate. Grigio ha il morbo di addison, una malattia che colpisce le surrenali. E' letale e si comporta come un tumore che si chiama insulinoma. Causano entrambi ipoglicemia cronica, annichiliscono la mus

Dedica al numero uno (Editoriale Patient Wolves UNUS, Febbraio 2021)

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Perché scattiamo? Come esseri umani intendo. Perché ci incontriamo in case, in studi o percorriamo le coste del mare del nord, con cavalletti e banchi ottici, su di una vecchia utilitaria o con solo un vecchio paio di scarpe? Chi ha studiato sui manuali di Claudio Marra non suggerisca, prego. Seriamente, perché scattiamo? lo facciamo tutti. Chi con estrema leggerezza e disinvoltura, aggrappato al cellulare, chi arrovellandosi sul linguaggio, chi lottando con la macchina per ‘spingerla’ oltre il suo progetto ingegneristico, come ci suggerisce Vilém Flusser, chi per lavoro deve prodigarsi a veicolar messaggi e far marchette.  Insomma è esperienza comune e sembra essere irriducibile oltre che onnipresente. Ci penso da quando a quattro anni andavo ad aprire il cassettone con le foto di famiglia. Perché scattiamo? La mia personalissima risposta è la seguente:  “E’ una conseguenza del nostro legame con la morte” Potrebbe sembrar cupo introdurvi a queste pagine così piena di vita parlando di

Manifesto Patient Wolves (Novembre 2020)

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  Lo spirito del tempo ci suggerisce di unirci per ribadire ovvietà forse sempre meno ovvie. Il senso primario del mammifero homo sapiens è la vista. Prova a rappresentare ciò che osserva in se stesso, nei simili e nel reale fin dal paleolitico. Un bisogno comunicativo pressante che osserviamo declinarsi in varie forme. Una di queste forme, negli ultimi due secoli, è stata la fotografia. La fotografia è semplicemente una forma di linguaggio capace di pervasione universale. Un linguaggio ricevibile da chiunque ma recentemente anche producibile da chiunque. Noi ci avvaliamo di questo linguaggio, ne produciamo e ce ne nutriamo. Apprezziamo e veniamo arricchiti dal fatto che molti altri ne producano e se ne nutrano. Comunichiamo attraverso di esso e ciò che desideriamo è poter continuare a farlo. La fotografia nasce da un incontro. L’incontro di due o più persone, ma anche l’incontro tra una persona e un ambiente o un oggetto. Tale incontro, per noi, deve essere scevro da meccanismi coerci