Dell’inclusione

Come sempre la prima cosa che mi preme buttar giù è un disclaimer.  Vitale di questi tempi.

La presente riflessione ha carattere soggettivo, non millanta valenze scientifiche, non propina verità rivelate, non ha la pretesa di essere esaustiva né definitiva. Tuttavia mi preme parlarne perché ho personalmente vissuto drammatici momenti in conseguenza della confusione che aleggia su temi propri dello zeitgeist come le dinamiche di potere all’interno delle relazioni affettive tra le persone.



Prima di addentrarci nei meandri relazionali partiamo da un assunto filosofico. Lo so, pare altisonante, ma concedetemi qualche istante. Parto da una frase che mi è stata propinata in tempi non sospetti. La sentenza recita: “o si ha ragione o si è in relazione”.

Non so a voi ma a me suona più come una minaccia che come un auspicio. E vado a decostruire questa fallacia nelle prossime righe.

Dunque la definizione di ragione viene mappata dalla treccani con quattro significati, mi riferirò al terzo e quarto perché pertinenti all’oggetto di questa riflessione. Il terzo cita: “... significato, in base al quale la ragione è un argomento o una prova che si usa per persuadere o dissuadere, dimostrare o confutare, difendere o attaccare, approvare o disapprovare”. Il quarto: “...significato, in base al quale la ragione è la causa, il fondamento, il motivo di qualcosa”. Il primo e il secondo fanno riferimento al pensiero umano e all’illuminismo e li lasciamo lì in quiete. Stando alla definizione, la ragione non appare come qualcosa che una persona può volere per sé sbattendo i piedi per terra e stringendo i denti. Appare piuttosto come un argomento o una prova, appunto, che empiricamente si constata ben al di fuori delle nostre personalissime declinazioni mentali, delle nostre interpretazioni. Non voglio star qui a scomodare Popper e far un simposio di epistemologia ma spero di cavarmela con qualche esempio da casalinga di voghera quale fieramente sono. Ipotizziamo che si sia sul divanetto di un professionista del supporto psicologico, due pazienti, magari una coppia così rimaniamo in tema, dall’altra parte sulla sua bella poltrona la persona deputata a dare supporto. Mettiamo che nel bel mezzo di questo incontro persona-uno, della coppia, si alzi e se ne va, sotto lo sguardo basito e attonito delle altre due, magari sbattendo la porta. Ora ipotizziamo che i rimanenti, guardandosi increduli, facciano le seguenti affermazioni. Persona-due afferma “persona-uno è andata via, ha smesso di comunicare con noi”, mentre la persona deputata a dare supporto afferma: “persona uno è andata via, ma non ha smesso di comunicare con noi”. Ora, al netto di un vago significato metafisico che vede l’assenza di comunicazione come una forma di comunicazione*, dovrete convenire che persona deputata al supporto non è dalla parte della ragione, a dispetto di tutti i suoi anni di studio per capire come funzionano le persone, aimè, sic est. Mentre dalla parte della ragione è persona-due. Dimostrazione ne sia il fatto che, sbattendo i piedi quanto si voglia, imprecando e agitando i pugni in aria quanto si desidera e urlando contro il cielo, come si era soliti fare negli anni novanta, per tutto il tempo che si desidera, quella persona è in un altro luogo e non più su quel divano e no, non comunica nulla, anzi ha palesemente e deliberatamente scelto di smettere di comunicare. E’ un fatto esterno e indipendente da qualsivoglia declinazione individuale del pensiero delle persone rimaste. E aggiungo, badate bene, che la ragione, stante dalla parte di persona-due, relativa all’affermazione sul fatto specifico, è completamente indipendente dal desiderio di persona due di continuare, o meno, ad avere una relazione con persona-uno. Desiderio che, probabilmente, l’aveva portata su quel divano nutrendo tanto svariate quanto vane speranze. Persona-uno non c’è più, è altrove. Ne va solo preso atto. Per cui persona-uno può serenamente continuare a desiderare di stare in relazione con persona due e il fatto che abbia ragione nella sua sentenza (o in qualsivoglia altro fatto della quotidianità) è slegato dalla possibilità di avere la sua amata relazione con persona-due. Questa dipende, infatti, molto più dalla convergenza dei desideri di persona uno e due. E per nulla dalla ragione che possono avere sul tema. Anzi persona-uno vorrebbe proprio - non avercela - la ragione nel caso specifico. Persona deputata al supporto, invece, con buona probabilità è prossima a perdere anche la relazione professionale con persona-due, visto come sono andate le cose. Battuta. 

Più interessante, invece, sarebbe indagare la declinazione del quarto significato in questo nostro esempio modestissimo e cioè qualè la causa, il fondamento, il motivo, per cui persona-uno ha, de facto, ghigliottinato la comunicazione e probabilmente anche la relazione. Di tutto ciò vorrei che rimanesse una simpatica sintesi, questa: la ragione quasi mai dipende dalle nostre interpretazioni personali bensì si appoggia ad eventi esterni, fattuali, per lo più inopinabili. Tali fatti davvero poco o nulla c'entrano qualcosa col desiderio di relazione. Per cui “o si ha ragione o si è in relazione” è una fallacia formale del tipo di affermazione del conseguente e null’altro.


*se pensate che l’assenza di comunicazione sia una forma di comunicazione fate questo esperimento. Andate sul vostro contatore (o pod) del fornitore di energia e tirate giù la leva generale. Poi affermate ad alta voce: “l’assenza di energia è una forma di energia”. Lasciate tutto giù così com’è e tornate pure in casa a godervi la giornata.


Dopo questa leggiadra premessa, alla quale se siete sopravvissuti vi faccio i miei complimenti, apriamo il tema portante della riflessione: le relazioni. 


Io partirei con questa immagine estratta dal REPORT_matrimoni-seprazionei-dic2023.pdf dell’istat:


 


i dati si commentano da soli, hanno la loro ‘ragione’ e non starò qui a far proselitismo di alcun tipo, anche perché per me la monogamia va benissimo se una persona può sceglierla liberamente fra altri differenti modelli. 

Meno amabile se è forzata come unico modello, propagandato in ogni serie, film, romanzo o pubblicità. 

Venendo ai puntini rossi con cui ho macchiato la bella tabella istat, mi preme far notare l’inesorabile calo in valori assoluti delle unioni e l’altrettanto inesorabile crescita degli allontanamenti (separazioni o divorzi). 

Notare bene che nulla sappiamo, né possiamo dire, dei sedicenti matrimoni felici, quelli che rimangono in piedi insomma. I miei migliori auspici. Ognuno maturi la propria analisi critica del tema da sé.


Io non sono monogamo da…forse da sempre, ma certamente, con cognizione, di causa da ‘solo’ vent’anni. Lo dichiaro subito così che non vi siano ambiguità. Ho fatto tutto il percorso convenzionale: relazioni, convivenze, tradimenti, matrimonio, figli, separazione. Ho collezionato una serie di esperienze, diciamo, talvolta ben poco edificanti, ma questo non mi fa sentire autorizzato a rompere le scatole a qualsivoglia monogamo convinto. Per me, fin tanto che le persone sono contente della loro scelta e non si fanno (o fanno) del male, va tutto benissimo e mai andrò a bussare alla porta di un amico monogamo per dirgli: “ehi che stai facendo? hai visto le statistiche?”. Al più vado a trovarlo con una quiche, un abbraccio e porto mia figlia a giocare con i suoi.


Quindi riconduco la monogamia ad uno dei molti modelli relazionali. Rimarrò nel dominio patriarcale, trascurando quelli matriarcali, ma potrei suggerire delle letture interessanti più avanti, mi appunto questo task. 

Dicevo, magari mi secca la costante esposizione a contenuti di intrattenimento che propinano la parabola del rapporto monogamico romantico come panacea e garanzia di felicità. Forse non è il massimo dell’onestà intellettuale, poi finisce che qualcuno si ritrova a trenta, quarant’anni, confuso. Però ecco, poco posso farci. Spallucce.

Quello che posso fare, se avrete il buon cuore di leggere fino alla fine, è presentare i vari modelli che mi sono apparsi dinanzi nel corso delle mie esperienze, dirette e indirette. Una sintesi insomma, uno schema. Poi vedete voi se farci un aeroplanino o una pensata.


Ho cambiato location, ora scrivo dal bordo di una piscina in toscana, ma la cosa durerà poco non temete, tornerò presto alla grigia lombardia. Dunque, l’idea è di presentarvi un grafico a tre assi, avete presente x, y e z, ma di metterci su tre variabili differenti:

tipologie sulle x (tipologie relazionali s’intende), gradi di apertura sulle y (se volete anche apertura mentale, si) e, udite udite, gradi di inclusione su quello delle z. 

Ehi potrebbe sembrare che io sia un impallinato di algebra lineare ma vi assicuro che non è così, anzi faccio le mie belle fatiche ercoline per comprenderne quanto basta per passare l’esame, volesse l’universo! Vediamo se riesco a mettere davvero il tutto su un grafico da appiccicare qui sotto, qualche minuto e torno da voi…



Rieccomi, speriamo di non aver fatto più danni che utile. Si lo so cosa state pensando: “ma non si può parlare di relazioni con i grafici” e forse avete delle ragioni dalla parte vostra, ma vi chiedo un po’ di pazienza, le etichette sono utili a comprendersi, qui nessuno ha la pretesa che siano esaustive della descrizione del reale o delle vostre vite. Facciamo che sono solo dei famosse ‘a capisse molto umili e funzionali. E partiamo subito. Al centro dell’universo, non privo di un qual certo antropocentrismo, notiamo in bella vista il modello monogamico. Quello non si sposta su nessun asse. E come mai? E’ presto detto. Una monogamia (MON nel grafico) per definizione non è aperta ad alcunchè, è quel che si definisce autoconsistente (sulla carta almeno) e dunque l’asse delle y è in quiete sullo zero, non apriamo neanche il tema delle inclusioni, nella storia della metà della mela con origini platoniche (l'androgino) c’è zero spazio per l’inclusione ed è dunque posto opportunamente a zero anche l’asse delle z. L’asse delle x si pone a zero, invece, per mera convenzione.

A seguire abbiamo le Don’t ask don’t tell (DADT nel grafico) che personalmente apprezzo pochissimo (vedete che non faccio giochetti, io la mia la dico bella trasparente o papale, papale come avrebbe detto la mia amterrima nonna). Qui non serve che vi descriva io di cosa parliamo vero? Sarei impreciso e poi il nome è auto esplicativo: “non chiedermi una fava, non ti dirò una fava” (perdonerete il trascendente leguminoso ma so’ vegano e vado sempre a parare volentieri sull’apporto proteico delle leguminacee, eccenzion fatta per chi soffre di favismo, mi raccomando!). Ora qui l’asse y si sposta un pochino, perché un minimo di apertura, anche mentale, c’ha da’esse come direbbero a Roma (ma qui siamo in toscana, lo ricordo), tuttavia l’asse delle z rimane al palo, perché questi si fanno letteralmente le fave proprie senza condividere un rapanello (anche le verdure sono importanti) figuriamoci una verza! Ergo non amo molto questo modello perché, a mio modestissimo avviso, sul lungo periodo, alimenta i mostri dell’insicurezza abissati nell’inconscio. Ehi se a voi vi piace va bene così! Non sarò di certo io a bussarvi alla porta per chiedervi: “Che corona o spagnoli state facendo?” (E qui parlo dei fagioli, davvero ottimi nell’insalata!). Poi viene lo scambismo (SWIN nel grafico) qui quanto meno si ha la dignità di sapere da quale macchina scende la signora (o il signore, o la sfumatura di grigio che preferite, niente sessimo per carità) e su quale sale (ok, ok, lo scambismo da parcheggio notturno è uno stereotipo, oggi ci sono le dark room nelle serate di superclasse, abbiate pazienza sto semplificando mica posso scrivere un romanzo, comunque va bene quello che più vi aggrada, ma, dicevo...), dunque un minimo di condivisione c’è e dunque lo colloco un po’ più in là sulle y e qualcosina anche sulle z perché talvolta si includono, gli altri, foss’anche solo nella stessa stanza, ecco. Plauso. E finalmente si giunge alla prima espressione di Non Monogamia ammantata dall’egida Etica (NMEG nel grafico) e per giunta autodenunciata Gerarchica. Ecco chiariamoci subito, non è che se uno si autodefinisce santo diventa san Francesco. A parte il fatto che so’ ateo e Francescuccio con Chiara si è divertito non poco, con mio sommo giubilo e gaudio, ma dico non è che se ti definisci etico allora ok, tutto quello che fai va bene. Puoi anche definirti etico ed essere ‘nà merda, lo abbiamo detto in apertura, sono le azioni (i fatti esterni osservabili) che contano ben più delle parole. Ma torniamo a noi, proprio a noi visto che io mi colloco esattamente qui, ad oggi, e posso dire di fare abbastanza schifo come umano, ma tant’è, non è che siamo qui a parlare dei miei guai, bensì a piazzare le NMEG nel grafico. Qui un minimo di y in più gliela si concede ed anche un zic di z, giusto per gradire, perché nulla sappiamo delle dinamiche proprie del modello declinato nelle singole vite, ma possiamo dire che non esclude gradi di inclusione maggiori, chessò, ‘na cena, ‘na gita, er gelato ar parco, sesso a tre, fate vobis. Subito dopo vengono i cugggini (come canterebbe Elio, con tre g) non gerarchici (NMENG nel grafico). Questi semplicemente si spostano sulle y ma non sulle z, dato che l’assenza di gerarchia nulla aggiunge, o toglie, alle capacità inclusive della coppia gerarchia o della polecola gerarchica che sia. Queste le chiamano anche relazioni parallel, ho scoperto recentemente. Parallel nel senso che non si incontrano, o meglio, possono non incontrarsi, può succedere ma non è previsto a priori. E’ lasciato al loro buon cuore, diciamo. Allora, è inutile che vi lamentate, ho passato i vent’anni da oltre vent’anni, dovete avere pazienza se non sono ferrato sulle ultime paroline in voga per descrivere le relazioni, ho una certa e parallel mi è nuova, ecco.

Arriviamo ora, belli come il sole, alle non monogamie (sempre sedicenti) etiche (diamo a cesare quel che è di cesare) non gerarchiche ed, udite udite, inclusive. Queste, ho scoperto recentemente, si chiamano anche kitchen table. Non fate quelle facce, vi vedo, non sono io quello a cui rivolgere perplessità sulle etichette, sono troppo vecchio. Sempre queste fanno un bel salto nelle z, come potete osservare nel grafico (alla voce NMEGInc) oltre che, opportunamente, in quello delle y. E perché lo fanno? Beh semplicemente perché si prendono la briga del tentativo di inclusione. Ora qui veniamo al nocciolo dell’ambaradam (avrebbe detto uno dei più grandi filosofi del novecento, Renato, insieme al suo fedele compagno Cochi, i quali con grande saggezza e lungimiranza già negli anni settanta cantavano “non si sa mai, non si sa mai quello che al mondo ti può capitar”. Vette insperate di filosofia pre-alpi, altro che continentale!). 

Avrete avuto sedici, diciassette, diciotto anni in coda per entrare in un locale, giusto? Beh, era meglio quando vi rimbalzavano o quando vi ….includevano? Ed eccoli che si fanno sentire con le proteste: “E ma questa è una semplificazione bella e buona, non si può redarre un saggio così”. Ed ecco che dico subito stop! Allora, l’ho detto prima, non è un saggio è il mio personalissimo pensiero senza alcuna pretesa di valenza scientifica e poi, fatemi la grazia, rispondete alla domanda: “come stavate quando venivate rimbalzati?” Da un locale, da un amica/o, da un partner. Ecco lo sapevo, si aizzano gli urlatori del “non è nostro compito la soddisfazione della frustrazione altrui” e dico ok, avete ragione, ma ricordate la parte della zoccola etica che suggeriva di uscire leggermente dalla vostra zona di confort? Di concedervi il beneficio del dubbio? Di sperimentare fuori dal canone che spesso vi è imposto e non è il vostro? Ehi, poi ognuno faccia come vuole eh, vi piacciono le DADT? Sempre io, non, sarò quello che vi viene a bussare alla porta parlando di legumi o verdure ne tantomeno frutta, che pure è importantissima per il microbiota, sia chiaro. Rispondere però con onestà intellettuale alla domanda, gentilmente: come si sta ad essere esclusi? A mio modesto avviso poco impatta solo se si è dalla parte degli escludenti (i quali tuttavia hanno il diritto di esercitare le loro scelte liberamente sia inteso) ma, e dico ma non a caso, occhio che non si è sempre dalla stessa parte dei ruoli e a volte ci si ritrova nel ruolo della persona esclusa. Concedersi il beneficio del dubbio nel tentativo di inclusione, oltre ad essere un esercizio lodevole di empatia, potrebbe nascondere sorprese interessanti. Sorprese da scartare se volete (in qualunque momento potete applicare l’algoritmo del consenso) o da conservare come piccoli tesori, come piccole finestre su voi stessi/e (o qualsivoglia sfumatura di grigio desideriate). Delle NMENGInc ho poco da dire, se non che qui, la non gerarchia in sinergia con l’inclusione portano in alto le z per ovvi motivi. Non serve che li spieghi siete persone intelligenti. 

Ultima viene l’anarchia relazionale e qui la liquido in batter d’occhio. Bella, bellissima, meravigliosa. Un’utopia indeclinabile nel reale, soprattutto nella nostra società capitalistica e soprattutto con l’avvento di prole. Per cui ne si parli pure quanto si vuole, ma chi dice di viverla è come chi dice di vivere nell’anarchia politica. Insomma, difficilino IMHO. Però so’ cortese, visto quanto in alto la metto? Tanto in alto che nemo attingit.


Quindi riassumo l’elenco in ordine progressivo:


  • Monogamie (MON)

  • Don’t Ask Don’t Tell (DADT)

  • Scambismo (SWIN)

  • Non Monogamie Etico Gerarchiche (NMEG)

  • Non Monogamie Etico Non Gerarchiche (NMENG)

  • Non Monogamie Etico Gerarchiche Inclusive (NMEGinc)

  • Non Monogamie Etico Non Gerarchiche Inclusive (NMENGinc)

  • Anarchia Relazionale (AR)


Vediamo se si riesce a fare un po’ di teatro per rendere tutto più amabile dato che forse finora sono stato un po’ rigidino.

Vi racconto una storia, prende spunto da esperienze, ma nomi e fatti sono stati inventati, ecco. 

Ergo, se mi conoscete, non provateci neanche a ricercarvi nella storia perché non ci siete. Non ho messo me, figuriamoci se metto voi.


Qui di seguito abbiamo Sonia e Lucia, coppia monogama sulla trentina. Sono approdate alla loro relazione dopo vite piene di esperienze e tutto sommato stanno bene. Hanno le loro routine, la loro amorevolezza reciproca, condividono molti valori, insomma una bella coppia. Un buon lavoro in svizzera, una casina tutta loro, una berlina elettrica bianca con centinaia di cavalli che soddisfa l’ego di Sonia e piace molto a Lucia. In entrambe la consapevolezza del loro orientamento sessuale si è sviluppata di pari passo alla loro creatività che si esplica in modi diversi per ognuna, più tech in Sonia, più umanista in Lucia, ma che in ogni caso permette loro di essere emancipate, autonome e ben remunerate. Poi abbiamo anche Fra e Ste, coppia etero normata, due figli alle scuole medie, quindici anni di matrimonio e una quarantina sulle loro di spalle. Qui il tempo e la fatica apportata dalla genitorialità si fa un po’ sentire, ma tengono botta, diciamo. Sembra si amino ancora, nonostante tutto. E sì perché qualcosa da un po’ di tempo a questa parte scricchiola e loro nutrono un bel po’ di paure, mica solo per se stessi, bensì anche (se non soprattutto) per la prole. Ma cosa volete, quindici anni di matrimonio, tre di relazione antecedente, diciotto in tutto, hanno il loro peso. E’ lecito supporre che la passione affievolisca sotto le sferzate gelide del vento della vita, ma loro ci hanno sempre creduto. D'altronde i loro genitori (entrambi divorziati) almeno per un bel pezzo hanno dato l’esempio e avviato i figli alla vita. Fra e Ste si ripetevano che ce l’avrebbero fatta, perché l’amore può ogni cosa. Tuttavia Ste dopo il primo parto ha sentito mordere vecchi desideri, vecchie fantasie che la vedevano in saffiche faccende affaccendata con una compagna di università. Ste, In queste fantasie, come se non bastasse, andava applicando sulla poverina un qual certo piglio dominante che sempre la poverina sembrava gradire molto. Ma col marito, in un matrimonio tradizionale, questo aspetto esplorativo era stato letteralmente, omesso, annichilito, deposto. “A parte il fatto che Fra con le dinamiche di sottomissione o di dominanza poco o nulla ci azzecca” si ripeteva, ma poi si era dimostrato, almeno all’apparenza, fedele, devoto e serio. Lei non poteva proprio fargli questo. Fra proveniva da formazione cattolica, aveva vissuto buone esperienze di condivisione con un sacco di amici e amiche, per un periodo ha anche convissuto con alcuni di loro in una sorta di casa famiglia allargata. Era sempre disponibile e collaborativo e se passavi da lui non potevi pensare di andartene senza aver cenato in compagnia. Fra diceva sempre che le famiglie sono oltre quelle tradizionali e biologiche, un’affermazione forte per un cattolico di provenienza, ma si sà, i dettami religiosi si prendono un po’ come le spezie, un po’ di questo, un po’ di quello, vien più comodo che prenderle tutte insieme con marmorea coerenza e cucinare una schifezza. E dunque come poteva Ste pensare anche solo di condividere queste sue, sempre meno latenti, fantasie? Il senso di colpa la martoriava internamente. Ed in effetti Fra era stato fedele, vuoi perché il suo desiderio sessuale era sempre stato moderato, mica assente, sia inteso, ma andava stimolato, altrimenti di suo si sarebbe avvicinato a Ste una volta al mese. Ma Ste aveva ben capito come ottenere quel che voleva e le stava bene governare lei la dinamica, rientrava nelle sue attitudini e in fondo Fra aveva sempre risposto positivamente. La storia aveva il suo equilibrio interno. 

Fra non aveva mai pensato di tradire Ste, non ne sentiva né moto interiore né bisogno fisico. Aveva una bella rete sociale, la stessa più o meno, di quando era un adolescente e con alcuni di loro era letteralmente cresciuto insieme come fossero fratelli. Ad esempio Ale e Bob erano stati coinquilini durante gli anni universitari nell’esperienza di casa-famiglia ed ora che abitavano letteralmente nella casa di fronte a quella di Fra e Ste, le occasioni di incontro rimanevano plurime nell’arco di ogni singola settimana. Una birra, un film, una mano coi bambini se Ste tornava tardi dal lavoro, dei veri amici insomma. Beh, almeno finché è durata, perché Bob a un certo punto è sparito. E’ successo dopo il terzo aborto spontaneo di Ale, letterarlmente sparito. Neanche un biglietto, una nota vocale, una cartolina nulla. Non si sa neanche dove sia andato a vivere, cioè Fra è sicuro che ad un certo punto Bob lo chiamerà, ma per ora sono due anni che è andato, puf. Ale è stata malissimo. Le serate di lacrime sul divano di Fra e Ste non si contano. Supporto amicale oltre il 400%!

Fra sentiva che sarebbe successo qualcosa del genere perchè, da ragazzi, quando fumavano sul muretto per evaporare i mali della vita, Bob ripeteva come un mantra la sua: “Ehi Fra, c’è sempre la clausola dell’oblio, vale sempre, almeno finché non hai figli”. Di solito Fra replicava con: “La smetti con questa stronzata? Mi fai gelare il sangue nelle vene, ma ti pare una cosa sensata?” e Bob chiosava con: “Sensatissima. Se non c’è la clausola dell’oblio attiva per tutte le parti la relazione non è autentica”.

Bob sosteneva che una relazione per reggersi davvero sulle sue gambe dovesse accettare di poter essere terminata da una delle parti, senza apparente motivo, senza preavviso e senza spiegazione alcuna. Solo se le parti fossero riuscite a convivere con questa clausola allora si sarebbero messe veramente in gioco, altrimenti si costituiva un rifugio non una relazione. Questo almeno a suo dire.

E così aveva fatto, dopo il terzo aborto spontaneo, sparito, evaporato, come quelle boccate di tabacco e fratellanza. Fra era certo che Bob non avrebbe mai smesso di amare Ale, ma da tempo non vedeva più in bob quella che lui chiamava la luce della buona vita.

E come se non bastasse dopo un paio d’anni Ale dovette affittare la casa, perché sola, diceva, non aveva senso starci e perché mantenerla era pesante e non solo economicamente. Era una casa progettata per una famiglia di quattro o cinque componenti e nonostante fosse intestata a lei e Bob avesse lasciato tutti i soldi sul conto condiviso, lei non voleva più vivere lì dentro da sola. Dunque, apparentemente, l’unica alternativa, data la depressione maggiore di Ale, era quella di tornare da suo padre, perché un affitto o una casa più piccola significava comunque stare da sola ed era una cosa che non poteva permettersi. La casa del papà di Ale rimaneva logisticamente vicina e lei passava comunque da Fra e Ste un paio di volte a settimana e qualche volta prendeva il più piccolo dei figli da scuola se pioveva troppo. Ecco, in questo scenario Fra dovette ammettere a se stesso di aver fatto un pensiero fra sé e sé che più o meno recitava così: “Ma perché mai Ale, esattamente come ai tempi della casa-famiglia, non potrebbe trasferirsi da noi? Abbiamo una camera in più, è una persona di famiglia, i ragazzi la adorano, Non c’è mai stato nulla di ambiguo fra me e lei e con Ste sono amiche praticamente da quando io e lei stiamo insieme". Questo pensiero continuava a girargli in testa sempre più forte, soprattutto da quando Ale è tornata da suo padre. Ma non poteva dirlo ad alta voce, soprattutto a Ste. Una morsa di senso di colpa gli serrava il petto alla sola idea di proferire quell’idea a voce alta. Dunque la situazione era questa, dopo tutti quegli anni insieme, forse vedendo i figli crescere e rendersi sempre più autonomi, Ste e Fra, nel loro reciproco silenzio, sentivano che mancava un pezzo di possibilità e non si sentivano liberi di esprimere i loro desideri al partner di una vita. In una parola, Monogamia.


Fu in quel momento che Ste e Fra decisero, in giugno, di raggiungere un cottage su un laghetto Austriaco. Ste disse a Fra: “Ok, a fine scuola, i ragazzi vanno dai nonni e noi ci prendiamo una settimana solo per noi. Non voglio spiagge affollate, non voglio camminare per ore in montagna, voglio solo stare con te, fare l’amore, mangiare e poltrire su una comoda sdraio con un libro in mano con te a fianco. Una settimana intera così. Insieme e molto vicini. Che ne pensi?” Fra accolse l’idea con amorevole cura, come sempre, e mise in moto la macchina logistica che li avrebbe portati al cottage austriaco di lì a poche settimane. 

Tutto in ordine di marcia, come sempre.

Al parcheggio del cottage una berlina bianca spiccava anche per il composto padre di famiglia Fra. Cinquecento cavalli non si scaricano a terra tramite le gomme di una monovolume come la sua. Diede un colpetto di gomito a Ste e disse: “Che ne dici? Appena li sistemiamo in università all’estero (i figli) possiamo prenderci un giocattolo così per le passeggiate vacanziere da coppietta che torna ad essere leggera come a vent’anni?” Ste rise e amorevolmente sentenziò: “sei un cretino, ancora non abbiamo finito di pagare il mutuo. E comunque la indosserei molto meglio io che te, tzè” e forse non aveva tutti i torti. 

L’acqua del lago era verde smeraldo, la camera tutta il legno era uno spettacolo, cibo ottimo in tutte le opzioni sperabili e loro due in costume stavano ancora molto bene. Ste non aveva mai perso l’abitudine di andare in palestra a sfogare le tensioni del lavoro e Fra non aveva mai smesso di correre perché sosteneva fosse la sua meditazione quasi quotidiana. I loro corpi parlavano di queste cure.

Sesso di benvenuto sul letto della camera in legno e poi dritti in spiaggia fronte lago smeraldo con un solo un telo, un libro e gli occhiali da sole. Fra continuava a fare battute sulla berlina: “Scusa perché mai una berlina così non mi calzerebbe bene?” e Ste lo imbeccava con: “Perché sono io il maschio alpha di casa, hai già dimenticato cosa è successo su in camera trenta minuti fa?”. “Devo ammettere che sono molto fortunato ad aver trovato questo maschio alpha” continuava Fra, “ma sono sicuro che codesto maschio un giro me lo farebbe fare volendo continuare a ricevere le mie virtù”. I due ridevano e sembravano aver recuperato un po’ di quel brio che la quotidianità inevitabilmente sottrae. 

Sonia e Lucia, qualche sdraio più in là, comprendendo bene la lingua se la ridevano sotto i baffi ascoltandoli. Venivano contagiate anche loro dalla leggerezza della vacanza. Erano abituate ad avere occhi puntati su quella macchina ed anche sui loro corpi tatuati. Lucia aveva provato da subito un moto di simpatia nei confronti della posizione di Fra. Si ripeteva divertita: “Già, perché mai lui non dovrebbe indossare una trazione integrale da cinquecento cavalli?”. Lucia aveva sempre provato simpatia per gli uomini, suo padre era stato per lei esemplare e supportivo e non aveva mai subito molestie. D'altronde Lucia palesava un tratto di dominanza che lasciava poco spazio a interpretazioni ambigue della sua persona. Sia a scuola che poi in ambiente professionale la sua sola presenza lasciava poco spazio ad atteggiamenti predatori o coercitivi di chiunque. Lei sapeva cosa voleva e sapeva come ottenerlo e non le mancava nessun numero per andare dritta all’obiettivo, tant’è che spesso si era trovata bene fra uomini nel ruolo di leader. Inoltre era piacevole, almeno per lei, condividere con i maschi la sua attrazione verso le ragazze e trovava appagante fare squadra, darsi reciproco supporto.

Nulla di invasivo, nulla di becero, ma da single si divertiva davanti a una birra dopo l’ufficio con i colleghi ad approcciare le ragazze giuste. E in più di qualche occasione ha strigliato dei suoi amici/colleghi perché calcavano troppo la mano o non si fermavano al primo accenno di mancanza di interesse o consenso. Ma non divaghiamo, torniamo in Austria. 

Sonia si era scoperta, con sorpresa, a guardare e riguardare la moglie di quella coppia da dietro gli occhiali da sole. C’era qualcosa in lei che le ricordava terribilmente Lucia, ma era qualcosa di nuovo. Voleva staccare orecchie e sguardo e concentrarsi sulla musica e sull’abbronzatura ma si ritrovava a spegnere la musica in cuffia e a girare la testa verso la coppia per ascoltare i loro giochi verbali. L’occasione galeotta venne quando i giochi fra i due si fecero più adolescenziali e Ste buttò in acqua Fra, giù dal pontiletto. Fra rideva per l’elegante tuffo e tirandosi su dal pontile sentì una voce nuova rivolta a lui ed una mano tesa: “Ehi, visto quello che devi patire se ti va te la faccio provare, ma solo a te, a lei no” poi rivolgendosi a Ste disse più a bassa voce: “Scherzo, se ti piace e ti va la puoi provare anche tu”. “Assolutamente sì!” fece Fra grondante. “Piacere Lucia, la proprietaria della Bianca” disse stringendogli la mano o meglio quasi spezzandogliela. Da quella stretta di mano all’avvicinarsi tutti e quattro su sdraio prossime e scambiare qualche convenevole il passo fu breve. Quanto vi trattenete, cosa fate nella vita, ah bello, uh interessante, beh dai non siamo poi così distanti, insomma c’erano le basi per passare qualche ora in amicizia. Qualche ora che diventò qualche giorno di vacanza e si trasformò in una chat di gruppo e qualche visita nei fine settimana presso una coppia o l’altra. I ragazzi fecero conoscenza con le nuove amicizie di mamma e papà e poi continuarono con le loro attività. Perché mai una coppia così avesse preso in simpatia una coppia cosà fa parte dei casi della vita. Chimica, curiosità, voglia di conoscere storie diverse. Chi può dirlo.

Sta di fatto che nel tempo si consolidò questo rapporto in modo differente. Lucia e Fra sembravano vecchi amici dei tempi dell’università mentre Ste e Sonia conservavano un modo più delicato di relazionarsi, quasi uno studiarsi reciproco e nessuna delle due sembrava stancarsi di quello studio accurato. Nulla di vagamente assonante a della sessualità sembrava svilupparsi fra i quattro, ma sicuramente andava sviluppandosi un dialogo parallelo, meno goliardico, fra Sonia e Ste. Tale dialogo prese forma di chat privata fra le due. In questa, nei mesi, venne fuori l’attitudine alla dominanza di Ste e quella alla sottomissione di Sonia, prima con modalità allusive e poi con del sexting che sfociò in furtive videochiamate, test di obbedienza e giochi abbastanza nuovi per Ste, consolidati per Sonia. La dinamica per Sonia era prossima a quella di una nave scuola. Sonia apprezzava la dominanza poco strutturata, ancora grezza, di Ste e cedeva potere a piccole porzioni quasi per educarla, per portarla dove sapeva per esperienze pregresse, avrebbero tratto più piacere entrambe.

Mentre Fra continuava la sua vita con i ragazzi, con Ste e la presenza di Ale accompagnata dalla sua depressione, senza accorgersi di nulla, la relazione fra Sonia e Ste non sfuggì a Lucia. Da prima ebbe il sospetto che Sonia avesse incontrato un uomo, uno dei tanti maschi che fiutano i desideri sub di Sonia e ai quali lei non è mai stata completamente immune, poi si accorse che era qualcosa di più presente, di più costante. Fu senza volerlo che vide arrivare foto e messaggi sul cellulare di Sonia mentre erano entrambe alle prese con una torta da infornare e il cellulare di Sonia era rimasto sbloccato. La dinamica fra le due apparve chiara in soli tre messaggi apparsi in sequenza.

Lucia si allontanò dal forno, Sonia si congelò. Conosceva fin troppo bene Lucia, non era il soggetto giusto da esporre ad un atto fedifrago. Lucia era il soggetto che con tre foto e una frase del tipo “cerco sub” su una qualsivoglia dating app avrebbe fatto esplodere il telefono, anzi ancor prima, sul lavoro Lucia aveva già una serie di soggetti interessati alle quali perentoriamente aveva offerto zero disponibilità relazionale a fianco di un 120% di disponibilità professionale. Sonia era terrorizzata dallo scenario che sarebbe seguito perché non aveva smesso di amare Lucia neanche un secondo e, nella sua testa, stava solo formando una dom in erba che le piaceva.

Fu Lucia a rompere il silenzio dicendo: “Ok, lo posso capire e inoltre l’ho sempre saputo che la monogamia non sarebbe durata per sempre. Non voglio neanche fare del proibizionismo perché non voglio perderti, perché io ti amo e considero questa una famiglia, lo sai vero? Tuttavia così non mi sta bene. Voglio trasparenza e non solo verso di me ma anche verso Fra e voglio condivisione, perché questa è una relazione primaria e se hai dubbi su questo punto, Sonia, è bene che tu sia onesta e me lo dica adesso, non fra cinque minuti, adesso!”. “Nessun dubbio” replicò Sonia. “Sai che dovrò punirti per questo vero?” domandò Lucia. “Sì” replicò Sonia andando di là in camera spogliandosi lungo il corridoio e piegando i vestiti che toglieva.

Il tema di Lucia era cristallino, almeno per Sonia. La loro relazione era primaria, ma poteva aprirsi a figure come Ste ad alcune condizioni o, volendo, sulla base di alcuni accordi. Per Lucia la gerarchia non poteva essere messa in discussione, il suo ruolo neanche, potevano avvicendarsi altre figure dominanti se queste fossero state consapevoli della natura del rapporto primario in essere, prive di intenzioni lesive, sinergiche e inclusive. O meglio, Lucia esigeva che queste figure riconoscessero il valore di ciò che veniva offerto loro con quell’apertura e solo a quel punto Sonia avrebbe avuto il suo consenso a cedere parte del suo potere di sub verso nuovi partner. In condizioni differenti avrebbe considerato l’atto come fedifrago e l’avrebbe elaborato come tale, con tutte le conseguenze del caso. La posizione di Lucia poteva piacere o non piacere ma di certo non le si poteva imputare opacità. E’ noto infatti, a chi nelle dinamiche d/s ci vive, che il potere sia nelle mani dei soggetti sub e siano questi a cedere, per loro volontà, tale potere a figure con attitudini dominanti. Una bella responsabilità. Chiunque pensi che la dominanza abbia intrinsecamente del potere da esercitare ha evidentemente poca esperienza nel campo e incorre in rischi di coercizione. Il buon dom esercita, sì, ma solo il potere che gli viene ceduto e nulla si prende da solo/a.

Sonia conosceva perfettamente questa dinamica perché gli era propria fin dalla più tenera età e molte volte aveva sbagliato a cedere potere a soggetti inidonei e ne aveva pagato le conseguenze. Ma ora Sonia voleva trovare la quadra per lei, per Lucia, per Ste e finanche per Fra.


Fra si sentì dire da Ste una frase che gli gelò il sangue nelle vene: “Stasera i ragazzi vanno dai nonni perché ho bisogno di parlarti”.   Amorevolmente eseguì e si pose in condizione di ascolto. Seduti al tavolo durante la cena Ste dichiarò tutto con ordine e grazia. I suoi desideri, la sua omertà sugli stessi, le dinamiche con Sonia, quanto comunque continuasse ad amare lui e i bambini e il desiderio di trasparenza per uscire dal giogo del segreto, dei non detti. La reazione di Fra fu sorprendente. 

“Cazzo pensavo ad una malattia, meno male!” disse e poi respirò profondamente qualche volta per riuscire a proseguire: “Mi sta bene, si, riesco a comprenderlo. So bene che c’è questo lato dentro di te che io non posso soddisfare e mi sta bene che tu possa farlo con una bella persona come Sonia. E sono anche sollevato dal non doverne prenderne parte anche se mi piacerebbe che tu ti sentissi sempre libera di raccontarmi quello che vuoi e soprattutto se stai male. Ammetto che forse mi viene più facile accettarlo perché è una donna, ma questo è più un problema mio che tuo.” Ste pianse commossa. Non sapeva cosa dire e corse ad abbracciarlo. 

“Però visto che siamo in tema di trasparenza io ho da dirti una cosa a cui penso da mesi, no, da anni ed ho sempre avuto paura di dirti”. Ste bloccò i singhiozzi e gli piazzò gli occhi dritti verso i suoi: “Ti ascolto”.

“Alessandra”. dichiarò secco Fra.

Ste si alzò e indietreggiò fino a sbattere col culo sul piano della cucina: “Alessandra cosa? Alessandra è una nostra amica, tua fin dall’infanzia, non sta bene e le siamo vicini, ma tu non hai una relazione con lei vero? Io non posso non essermene accorta vero? Dimmi che non è come penso in questo momento”.

Fra accennò un sorriso debolissimo senza toglierle gli occhi di dosso: “Io non ho una relazione con Alessandra, ti amo e amo la nostra famiglia e fra me e Alessandra non c’è mai stato nulla che non fosse amicizia e supporto che definirei familiare. Ed è questo che non posso più tenere solo per me. Noi siamo famiglia per Alessandra, ora che Bob è sparito lo siamo ancora di più e abbiamo permesso che andasse via, che cedesse casa, che tornasse da suo padre perché lei non ci ha mai chiesto nulla, ha solo dato. Amore, per te, per i nostri figli, per me e noi abbiamo sempre preso. Sì certo siamo stati spalle su cui piangere, questo divano è stato il suo letto per mille notti, ha messo a letto i nostri figli mentre noi rassettavamo la cucina assecondando i loro capricci, ma poi non abbiamo fatto il passo corretto da fare. Dirle che è parte di questa famiglia. Dirle che questa casa è anche sua ed ha una camera per lei e dirle che non è sola nè lo sarà”.

Respiro profondo. “E il fatto che non ci sia stato mai del sesso non devalorizza minimamente questo legame che è e rimane in essere”.


In questo incrocio, tutto teatrale, di storie ci sono un bel po’ di dinamiche di quelle che ho provato a descrivere prima e no, non c’è nessuno di voi in particolare, io non mi rispecchio in nessun personaggio in particolare, ma tutti potremmo avere qualcosa di questi personaggi ci piaccia o meno ammetterlo. E forse il problema vero è che non sono esaustivi, né ne hanno la pretesa, né potrebbero.

Ora che Ale, Fra e Ste abbiamo allargato la loro famiglia anche formalmente e si siano concessi una possibilità o che Sonia e Ste siano andate avanti per anni o mesi o ancora che Lucia, Sonia e Ste siano riuscite o meno a sperimentare in modo sinergico lo lasciamo dire ai casi della vita e non a questo testo. Quello che spero, è di essere riuscito a declinare qualche esempio della teoria nella vita di questo teatro, e magari aver dato qualche spunto per la vostra. Sono sicuro che possano essere delineati molti altri profili e molti altri scenari ma per ora offro questi e lascio a voi ogni libertà di critica.


Fra le letture che suggerivo in apertura debbo ricordare dei punti fermi, che non sono contemporanei, tutt'altro:

Bertrand Russell, Matrimonio e Morale. 1929

William Reich, L'irruzione della morale sessuale coercitiva. 1934-1935

più contemporanea, anche se non recentissima, c’è la Zoccola Etica di Dossie Easton e Janet Hardy del 1997, annus mirabilis.


Lo so, lo so che è uscito molto materiale più recente ma quel manuale/saggio (in molti sensi) è stato scritto in tempi scevri da neocondizionamenti americanoidi e conserva intatto il manifesto di questo genere di relazioni, oltre ad essere un manuale davvero completo. 


Con onestà (vedete che non le mando a dire) dichiarerò che nutro, per saggi contemporanei di psicologi e psichiatri (di qualsivoglia genere), che scrivano di temi relativi alle aperture relazionali senza avere qualche lustro di esperienza diretta alle spalle, forti perplessità. Senza esperienza di vita vissuta in questi mari in tempesta, semplicemente non si sa di cosa si sta parlando. Si applicano per lo più delle etichette tratte dal DSM-(che numero siamo arrivati?)-5, ed è facile trovare fra le righe proselitismo monogamico-romantico che ben si adatta a tali etichette. Con questo non voglio demonizzare il lavoro, nelle varie declinazioni, degli psy, ma solo suggerire di utilizzare giudizio critico nelle letture ed anche nel reperire supporto diretto.

Le aperture relazionali non sono solo i modelli che ho fin qui descritto ma sono una lotta per l’affermazione dei nostri desideri e dei nostri bisogni. Una ricerca di equilibrio continua e delicatissima, costantemente osteggiata dalle convenzioni sociali in essere. Queste cambieranno sì, nel tempo. Cambiano sempre, anche se non sempre in meglio. Tuttavia cambieranno in direzioni costruttive se e solo se ognuno di noi farà la sua parte per non farsi schiacciare dal senso di colpa, dalla paura e dalla più becera e meschina convenzione, appunto.


ultima nota: vi chiederete perché un post che parla di relazioni in un blog di fotografia.

risposta: ho parlato così tante volte di relazioni durante gli incontri fotografici che mi sembra molto sensato parlare anche qui. D'altronde la fotografia non è una forma di relazione?


E perché la foto di Ulisse? semplice, perché è l’ultimo ad essere stato incluso in famiglia. Teppista!


rgm


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